martedì, novembre 29, 2005

Appunti di viaggio 05


Foto : bar caffetteria a Santa Monica, California (USA)
© stella di satana, Posted by Picasa
A volte ci capita di dover comprare dei fiori. Il posto migliore dove poterlo fare a Valencia è la Plaza del Ayuntamiento. Si tratta di un enorme spazio urbano frutto di demolizioni attuate all'inizio del secolo scorso e che oggi pudicamente definiremmo "sconsiderate" dal punto di vista storico. Un errore degli architetti (Ah! Questi incoscienti!), una colpa dei politici dell'epoca. Fatto sta che oggi questa piazza esiste, e pare che sia stata "remodelada" piú volte. Questa è l'impressione che si ha all'osservare disarmati (personalmente non riesco a farlo in altro modo) i chioschi dei fioristi che messi lí in bella mostra da qualche progettista.
Non è mia consuetudine svilire il lavoro altrui, almeno pubblicamente, né ho l'arrogante pretesa di farlo ora. Mi interessa partire dall'organizzazione concettuale prima e fisica poi, per riflettere (criticamente) sul lavoro degli architetti in generale; partendo da un episodio specifico per condurre il discorso verso il generale.
Ieri ho comprato una rosa rossa; l'ho comprata nel chiosco che si trovava in corrispondenza del passaggio pedonale. Il volto della fiorista aveva un'espressione cortese, un fare deciso che dava l'idea di una persona organizzata, pratica ed intelligente : la tipica giovane donna valenciana.
Cosí ho comprato quel fiore lí, in quel chiosco, non senza chiedermi una cosa : come faranno a mettere in atto una concorrenza leale tutti questi piccoli imprenditori nei loro 4 o 5 chioschi marroni tutti uguali?
Il designer dei chioschi sembra aver voluto mantenere la conformazione tradizionale del chiosco (una cabina metallica) optando per la sua riconoscibilità, ma al tempo stesso volendone semplificare la linea. Una scelta coscienziosa, senza dubbio. Le mie perplessità nascono nell'osservare la disposizione statica di quei chioschi, messi in fila, tutti uguali : nonostante tutto, il libero mercato (nella sua accezione positiva) si regge sull'esatta ubicazione del passaggio pedonale, qualche misero addobbo "rubato" alla sobrietà del design dei chioschi ed il volto gentile della fiorista.
Eppur si muove! - come dire - forse funziona, ma - a parere del sottoscritto - ne deriva una misera immagine urbana. Cosí rimpiango - al di là di una qualsiasi velleità antistorica - la vivacità dei centri storici medievali : penso a Ferrara, Mantova, Barcellona ...
E non posso evitare di osservare la stessa attitudine progettuale nel lungomare valenciano : una passeggiata interpretata come un trionfo di dozzinali mattonelle di cemento e chioschi rigidi e quadrati, per carità "ordinati e puliti", ma tremendamente noiosi, la materializzazione della negazione della vita, un aborto costruito.
Forse passeggiando con lo sguardo perso verso l'orizzonte, questo dolore ci si fa meno pesante ... però voglio rivolgere un messaggio ai colleghi (rinnovando quello dei maestri post-moderni italiani) : svegliatevi ed osservate, camminate a piedi nudi per i campi, passeggiate per le città.
Avendo parlato di qualità, non posso esimermi da un discorso sulla quantità, per cui riporto un vecchio articolo di Gianluigi D'Angelo apparso ne Il Riformista del 30 ottobre 2003 con il titolo "L'Italia è il paradiso degli architetti", fortunosamente riprodotto su : http://www.b-e-t-a.net/~channelb/forum/003maledetti/
"Italia paese di poeti, santi, navigatori? niente affatto, l'Italia è il paese degli architetti!
Ebbene sì, almeno secondo le statistiche del sito web Archiueuro del CNAPPC, Consiglio Nazionale
degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori il 29,3% degli architetti in Europa è
italiano. Uno su 3,41 se preferite. Questo dato si traduce nel territorio italiano con una media
di un architetto ogni 548,8 abitanti. Un dato sorprendente se pensiamo per esempio che nel Regno
Unito abbiamo un architetto ogni 7.413 abitanti, in Francia ogni 3165 abitanti e in Olanda ogni
2039 abitanti. Un primato che se letto in un contesto anomalo come quello italiano, costellato da
un popolo sterminato di geometri e dove la stessa professione è svolta da diverse figure
professionali e da albi obsoleti che permettono la professione anche agli ingegneri elettronici
oltre a quelli edili e civili, cambia i toni passando dalla commedia grottesca alla tragedia
greca. Purtroppo la situazione è oltre ogni ammissibile soglia e se consideriamo i dati degli studenti
iscritti alle Facoltà di Architettura europee vediamo che la tendenza continua a crescere infatti
uno studente di architettura su 2,7 in Europa è sempre italiano. Anche facendo riferimento agli
Stati Uniti le cose non cambiano, anzi! Abbiamo 76000 studenti iscritti contro i 45000
d'oltreoceano che si diventano ogni anno oltre 6000 nuovi architetti in Italia e 8356 negli Usa. Le possibilità professionali sono ridottissime, le parcelle sono ridotte perchè devono competere
anche con quelle dei geometri, e la qualità degli edifici è scadente per la poca esperienza
professionale e l'incapacità delle università nel formare completamente una figura professionale
come quella dell'architetto. Da questo presupposto facciamo un salto indietro e ripartiamo dall'inizio, proprio dalle
università, cercando di capire passo dopo passo il futuro di chi vuole diventare architetto. La
prima domanda è: quanto tempo impiega uno studente di Architettura a laurearsi in Italia? La mia ricerca parte dal sito web del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
(MIUR). Consulto e incrocio i dati statistici ufficiali riguardanti tutte le Facoltà di
Architettura Italiane. Fin dai primi dati generici il quadro della situazione risulta abbastanza
chiaro: disastroso! Per quanto riguarda i fuoricorso il 58% di questi si laurea con almeno 4 anni
fuoricorso. Ovvero ci mette minimo 9 anni al conseguimento della Laurea.Ma questo dato generico nasconde al suo interno diverse realtà. Se da un lato abbiamo piccole
realtà come Ascoli dove l'88,2% degli studenti si laureano con al massimo due anni fuoricorso e
nessuno va oltre il terzo, dall'altro abbiamo facoltà come Pescara che detiene il record negativo
con la stessa percentuale dell'88,2% di studenti fuoricorso da almeno 4 anni!!! Segue al secondo
posto la Sapienza di Roma con l'86%. Al terzo posto troviamo la Federico II di Napoli con l'81,6%
e Firenze al quarto con "solo" il 77,3% di fuoricorso da almeno quattro anni.Queste 4 Facoltà insieme costituiscono il 37,6% della popolazione studentesca di Architetti.
Quindi possiamo dedurre che oltre un terzo degli studenti italiani che studiano Architettura
invecchia nelle facoltà fino almeno ai trent'anni. Solo questo sarebbe sufficiente per renderci
conto di quanto sia grave la situazione. Andiamo a vedere ora dettagliatamente Facoltà per Facoltà
i dati complessivi dei fuoricorso e di quelli in corso che ho sintetizzato in questa tabella.Innanzitutto notiamo subito che le uniche Facoltà che funzionano e che hanno una percentuale di
fuoricorso contenuta entro il 30% (che comunque è un range abbastanza generoso) sono quelle che
hanno al massimo 1000 iscritti, quindi le piccole Università e i distaccamenti. Infatti Le
percentuali maggiori di fuoricorso spesso le troviamo nei grandi atenei con eccezioni come il
Politecnico di MIlano, che è la facoltà con la popolazione maggiore di studenti di architettura e
che ha solo il 23,8% di fuoricorso. Eccezione al contrario è ancora Pescara che nonostante risulti
una medio-piccola Facoltà ha la seconda percentuale più alta di fuoricorso con il 63,6 % solo dopo
Napoli con il suo terrificante 76%. Percentuali che crescono ancor di più se prendiamo in esame
solo i dati della vecchia laurea quinquennale: 87,4% di fuoricorso a Napoli e 79,1% a Pescara.In generale comunque a parte questi picchi terrificanti la situazione è preoccupante. Le piccole
facoltà anche tutte insieme non sono rappresentative a livello statistico e tranne Milano e in
parte Venezia e Roma3 il resto degli Atenei ha oltre la metà degli studenti fuoricorso. Con queste
percentuali la Facoltà di Architettura risulta essere nel sistema universitario Italiano uno dei
fanalini di coda in assoluto, con l'età anagrafica dei laureati tra le più alte con oltre la metà
degli studenti che si laurea tra i 30 e i 34 anni!Le università invecchiano e scoppiano di iscritti, solo il politecnico di Milano conta il doppio
di tutti gli studenti di architettura del Regno Unito con oltre 13000 iscritti contro i 7948
studenti di architetura d'oltre manica. Ogni anno ci sono 3000 iscritti in più nonostante le
lauree triennali stiano in parte contenendo questo andamento. Arriviamo allora intorno ai
tren'anni con una laurea in Architettura e visto che lavoro non c'è si fa un master.Si moltiplicano di anno in anno master sempre più costosi che in alcuni casi sono solo il frutto
di un'operazione di marketing che qualche altro architetto ha inventato perchè anche lui non
riuscendo a lavorare come tale cerca di guadagnarsi da vivere nel sistema della formazione
d'eccellenza. Spesso con altrettanti scarsi risultati. Altro fenomeno e quello dei dottorati nelle
università, altro parcheggio in attesa di futuro impiego, dove al posto di ricerche si fanno le
lezioni per il professore di turno che non ha tempo a sufficienza perchè impegnato nel suo studio.
Quindi ricapitolando dopo dieci anni all'Università o si fa qualche master o si fanno i dottorati
e si arriva ai 33-34 anni. Ancora senza guadagnare un euro, anzi continuando ad "investire" su se
stessi. A conti fatti sono usciti dal portafoglio decine e decine di migliaia di euro e ancora non
si vede l'ombra di un quattrino. Le possibilità di lavoro sono scarse per via del soprannumero ed
il sistema legistaltivo con le leggi come la Merloni favorisce i pesci grandi e non da scampo ai
piccoli studi associati. Insomma non c'è nulla da favore.Nel paese degli architetti con la più alta percentuale al mondo di rapporto architetti su abitante
e dove anche un ingegnere elettronico può costruire edifici che altra possibilità c'è? Non
possiamo biasimare troppo quelli che scappano all'estero, quanti sono gli italiani che hanno la
possibilità di arrivare a 34-35 anni senza ancora aver iniziato a lavorare? Il Governo non può
ancora ignorare questa situazione perchè forse è già troppo tardi. Bisogna ripatire dalle
Università e abrogare la Merloni. Non è certo con i condoni che si risolve il problema del lavoro
degli architetti e nemmeno delle finanze delle casse dello stato visto che per portare i servizi
agli edifici condonati costerà molto di più di quello che lo stato avrà incassato".
۞ stella di satana

1 Comments:

Anonymous Anonimo said...

è vero Seba, questo mi rattrista ...ma devo dire la verità, della marea di architetti o studenti di architettura il 95% scompare nell'onda del dilettantismo, dell'incapacità, della non passione, del lasciar perdere, della dispersione,della distrazione, della paranoia, della disperazione etc...
Il 5% invece che si muove,seppur attraverso un processo lento ma inesorabile, riesce alla fine un po a respirare, e non mancano pure le occasioni di soddisfazione.
E che non mi si vengano a raccontare storie del tipo... figlio di quello o di quell'altro...daccordo, magari qualcuno comincia in vantaggio, ma una buona fetta è attribuita a noi stessi: darsi da fare,lavorare con passione, decisione, senza paura di dover andare lontano, magari all'estero, fuori dalla portata dalla "chioccia mammina" che ci da la pappa fino a 40 anni... i risultati arrivano e poi anche i soldi(e comunque la situazione non è diversa all'estero, basta fare un sondaggio tra i 30 enni nei vari paesi europei, nessuno riesce a vivere bene guadagnando il giusto a quest'età. Ci vuole pazienza, i meccanismi sociali sono cambiati: una volta eravamo tutti poveri e ignoranti, ora siamo tutti dottori e disoccupati... chi lavora e sta bene incide sulla comunità con lo stesso rapporto di 50 anni fa. Bene, prendiamo atto di ciò e via entriamo nel fiume turbolento della Professione, comprendendo i sistemi che stanno alla base della società attuale).
E quelli che si laureano a 30-35 anni...peggio per loro,han voluto fare architettura (l'istruzione diritto in Italia uguale per tutti, giustamente!!) ma all'estero sarebbero stati strabocciati al primo anno. Qui in Italia il sistema permette a chiunque sappia scrivere il propio nome e cognome di accedere all'università che regala poi 30 e lode a destra e manca gonfinado a dismisura gli orgogli!! (e questa è un'usanza conosciuta fin dagli anni 70, vedi infatti la professionalità dell'attuale corpo insegnanti...abituati fin troppo all' otium litteratum che cercano ostinatamente di tramandarci. "Ma si... imparerai in studio, con la pratica" quante volte ho sentito questa frase. L'esatto contrario di Henrique Carvalho che diceva tutti i giorni: temos de començar a por as maos no betao... "che rozzo che infame, che ignoranti", noi si che siamo gran sapienti, dicevano voci lontane controcampo, così bravi che nel momento del dunque han rischiato la bocciatura...)ed è inevitabile che si arrivino a queste conseguenze paradossali. E comunque ci sono numerosissimi studenti che si lauerano a tempo, sono diligenti, e riescono ad orientarsi nel caos, anche questa è bravura e selezione.
A noi non resta che scegliere: chi,cosa e dove, poi si vedrà...

...non sarebbe finita qui, ma è scaduto il mio tempo...
ciao alla prossima

9:36 AM, novembre 30, 2005  

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